Un bell’incontro quello tenuto in collegamento su piattaforma, nell’ambito del
cammino ordinario del gruppo Adulti di Azione Cattolica della Parrocchia di Santa Croce. Tema importante, che riprende il Messaggio del Papa sulla Pace curvato sul lavoro. Un tema che interroga in questo momento segnato dalle troppe morti sui luoghi di lavoro e dalla Pandemia. «Il cristiano vive il lavoro e il riposo come un dono
di Dio, libero dall’ansia di produrre e dall’avidità di possedere, che accecano il cuore
e portano a sfruttare i più deboli. Condivide volentieri i beni con gli altri, si impegna
perché la dignità e i diritti della persona umana vengano posti a fondamento
dell’ordine economico e perché sia rispettato l’ordine armonioso della natura» come
è scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Stefano D’Amico ricorda le parole di Papa Francesco che «come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente».
Ripartiamo quindi dalla terza via proposta da papa Francesco: il lavoro, dimensione primaria per una piena realizzazione della dignità umana.
Dopo la lettura dell’episodio dell’uomo di Gerasa nel vangelo di Luca, Don
Pierandrea si è soffermato ad analizzare lo sguardo dei compaesani che vedono i
loro interessi economici scombinati dalla presenza di Gesù e come, ancora oggi, sia
ancora forte il dominio del capitale sull’uomo.
Dopo la visione di due brevi cortometraggi, sul lavoro degli sfruttati nei Paesi Afroasiatici: Ecco chi produce i nostri vestiti e Nelle miniere dove nascono gli smartphone che pongono interrogativi, si è guardato alla nostra realtà locale con la testimonianza di un dipendente che da anni lavora in una delle aziende più importanti del nostro territorio: I Guzzini. Una realtà certamente diversa rispetto a quella documentata poco prima, dove invece la sicurezza e il rispetto delle norme per il lavoro sono centrali e non solo in Italia ma anche nelle aziende del gruppo dislocate all’estero come quella di Shanghai e in Canada. Illustra i prodotti e i progetti dell’Azienda, e racconta una storia aziendale iniziata nel 1959 in un locale a Recanati e il trasferimento successivo a Sambucheto nella fabbrica odierna. I primi prodotti ora fanno bella mostra nel museo aziendale. Tanti i lavori effettuati dall’illuminazione della Venaria Reale al duomo di Parma, dall’Università di Edimburgo al Ponte di Genova di Renzo Piano, dall’illuminazione dei negozi Benetton alla piazza di Copenaghen, fino alla Groenlandia. Nella nostra città da piazza della Libertà, allo Sferisterio, all’ illuminazione stradale è tutto firmato I Guzzini.
750 dipendenti, il 95% lavoratori della zona, circa la metà operai e metà tecnici e impiegati. Tutto il prodotto viene progettato e assemblato e terminato da noi, ci spiega che ci sono inoltre piccole aziende che lavorano per la iGuzzini, un indotto importante con altri lavoratori occupati. Un’azienda attiva anche nella formazione dei ragazzi con stage e progetti di alternanza scuola lavoro.
Nel 2019 dopo aver valutato la quotazione in borsa, l’azienda viene acquisita da una finanziaria Svedese. Nel 2020 con l’avvento della pandemia, i fatturati sono diminuiti tanto da obbligare l’azienda ad un taglio del personale, ipotizzato inizialmente in 103 unità poi ridotti a 40 a seguito di una contrattazione sindacale. Alcuni si sono fatti volontari, altri erano prossimi alla pensione ma qualcuno purtroppo ha dovuto abbandonare il posto di lavoro dall’oggi al domani nonostante fossero dipendenti da molti anni.
Perdere il lavoro con una famiglia a carico è veramente terribile. È stato un periodo teso e duro. Con la Pandemia poi, i rapporti tra colleghi sono diventati più fragili, la mensa, luogo di ritrovo di volti amici non è più tale a causa della turnazione dei pasti
Le problematiche odierne sono quelle della reperibilità delle materie prime (materiale elettronico in primis) che rischiano di far slittare ordini commerciali mentre la richiesta di produttività è sempre molto elevata e farvi fronte con queste difficoltà non è facile.

Nel ringraziare per la testimonianza, Stefano D’Amico illustra l’immagine di una scultura di Maurizio Cattelan, L.O.V.E. (Libertà, Odio, Vendetta, Eternità – o Il dito), che dal 2010 si trova a piazza Affari a Milano. “Di certo, spiega, un’immagine provocatoria un gesto volgare e irriverente, rivolto al potere finanziario che il palazzo sullo sfondo rappresenta (e forse anche al periodo storico in cui è stato costruito, 1929-1932). La volgarità, d’altra parte, è un dato costitutivo della nostra epoca (il V-Day di Beppe Grillo si tenne tre anni prima) e l’artista (un “furbacchione”, tipico esponente anch’egli della nostra epoca) ci gioca. Ma a ben vedere le dita non sono piegate nel tipico gesto, sono semplicemente mozzate. Consideriamo l’anno in cui l’opera è stata realizzata e cosa successe a livello mondiale dal 2008 con le crisi finanziarie ed economiche mondiali che hanno letteralmente “tagliato” le vite di tanti uomini e donne, l’opera ci appare sotto un’altra luce”.
L’incontro si chiude con alcune domande e con il Salmo: La sorte del giusto e dell’empio.
