Una mostra che conduce al cuore della riforma liturgica del Concilio Vaticano II
La Mostra delle opere di Henry Matisse create per la Cappella di Vence e custodite dai Musei Vaticani, in particolare quattro bellissime casule, che si è aperta a Macerata lo scorso 23 giugno, ha risvegliato l’attenzione di tanti visitatori. Ma è anche un’occasione per riflettere sul particolare influsso che questa opera totale, di architettura, pittura e di varie altre arti, ha avuto sulla riforma liturgica, attuata dalla Chiesa cattolica soprattutto con il Concilio Vaticano secondo.

Chi oggi vede le casule di Matisse, ha la sensazione di trovarsi di fronte a dei normali abiti liturgici, di quelli che si usano comunemente nelle celebrazioni odierne delle Sante Messe. Solo chi è nato prima del 1965 ha un ricordo chiaro di come, prima del Concilio, si celebrasse in maniera molto diversa da quello che mostra la Cappella di Vence con i suoi arredi.
Si celebrava infatti con un altare appoggiato al muro e sormontato da uno o più grandi quadri sacri, che proprio per questo erano definiti “pale d’altare”.
A Vence invece l’altare è una mensa, artistica ma essenziale, rivolta verso il popolo. Che ha certo sopra i ceri e la croce, ma non a costruire una barriera tra il celebrante ed il popolo di Dio chiamato a concelebrare con lui, ma quasi facendo in modo che ci si guardasse attraverso il Cristo Crocifisso. Bellissima ed essenziale piccola scultura a lungo progetta da Matisse.
«La storia della Cappella di Vence è una bellissima storia di dialogo, confronto e collaborazione tra il mondo dell’arte e il mondo della fede cattolica, vissuta in un tempo particolarmente creativo»
mons. Nazzareno Marconi
Questo perché solo guardando il suo popolo attraverso il Cristo Crocifisso, il celebrante prende coscienza di non attuare semplicemente un rito umano, ma di essere lì a presiedere quel mistero di croce e risurrezione a cui di nuovo il sacramento ci rende presenti.
Così solo guardando il celebrante attraverso il Cristo crocifisso, l’assemblea prende coscienza di essere davanti ad un fratello come loro, ma che nel compito della Presidenza dell’eucarestia parla ed agisce a nome ed in persona di Cristo Signore.
Nella celebrazione preconciliare poi gli abiti liturgici si erano semplificati e l’antica casula, ampia e mobile, era stata sostituita dalla pianeta, ricca di decori e di simboli sacri, ma rigida e ferma, posta davanti allo sguardo dell’assemblea liturgica quasi come una lavagna, che con colori e simboli indicava il valore ed il significato della celebrazione.
Una celebrazione nella quale predominava la staticità solenne e l’invito a porsi umilmente davanti a Dio, il grande protagonista dell’Eucarestia in cui si rivelava il suo mistero.
A Vence, con l’architettura, le variazioni della luce colorata delle vetrate e soprattutto con il ritorno all’uso delle casule, anch’esse ricche di simboli, ma soprattutto di colore e di movimento, si recuperava invece un altro aspetto della celebrazione che è l’azione umana e corale della comunità, posta davanti a Dio per lodare, per ringraziare, per intercedere, per impetrare.
Tutti elementi caratteristici della celebrazione eucaristica, non alternativi, ma complementari al discorso sul mistero e sulla contemplazione, che era più forte nelle forme della celebrazione precedente.
Quello che colpisce nella scoperta del messaggio della Cappella di Vence, possibile anche attraverso questa interessante mostra, è il valore all’azione artistica e culturale attuata da Matisse, con la guida e la preziosa collaborazione teologica e spirituale di sœur Jacques-Marie e di padre Alain Couturier.
Diventa chiaro a tutti come la Cappella di Vence, inaugurata nel 1951, fosse aggiornatissima sulle ricerche e la riflessione che il movimento liturgico cattolico stava portando avanti già molti anni prima del Concilio e che a tutto questo essa diede una visibilità e una particolare bellezza, quale solo la grande arte può realizzare.
In questo modo si presentò come una parola concreta ed imitabile a chi, una quindicina di anni dopo la sua inaugurazione, si trovò a costruire le nuove chiese postconciliari, ad arredarle, ad arricchirle di suppellettili sacre e a celebrarvi attraverso abiti liturgici rinnovati.
La storia della Cappella di Vence è così una bellissima storia di dialogo, confronto e collaborazione tra il mondo dell’arte e il mondo della fede cattolica, vissuta in un tempo particolarmente creativo, come furono gli anni del pre-Concilio, del Concilio e del post-Concilio.
Una mostra che merita davvero di essere visitata con attenzione.
